La casa del futuro (del presente?) la comanderemo con lo smartphone. E’ un fatto ormai consolidato e la competizione in atto tra i due grandi ecosistemi – Apple iOS e Android – avrà un solo vincitore: il mercato con i suoi utenti.
C’è però un fatto divertente, in questa evoluzione che ridisegna il futuro: quello di un ritorno al passato. In questi ultimi 5 anni c’è stato qualcosa che ha perso quasi completamente il suo appeal pratico: stiamo parlando degli orologi da polso. Molti lo usano ancora, ma più come status symbol o come accessorio fashion, quasi più che per la sua fondamentale funzione: quella di informare del tempo. L’abitudine ha portato all’uso dello smartphone per farci dire “che ore sono”: anche a schermo bloccato, basta un’occhiata.
Poi sappiamo quello che è successo: quando si è sparsa la voce che “Apple sta realizzando un orologio”, tutti si sono buttati nella mischia, con soluzioni anche maldestre (epico questo spot del Samsung Gear, considerato a ragione una delle più patetiche pubblicità fatte negli ultimi 20 anni). Oggi siamo in attesa dell’uscita “reale” di Apple Watch, e osserviamo comunque le mosse (più concrete) dei competitors.
E’ forse difficile oggi guardare a questi nuovi prodotti senza sorridere: sembrano, e forse sono, gadget per persone annoiate e che vogliono mettersi in mostra con gli amici, e che alla fine sono di dubbia utilità. Per di più, almeno per quello che riguarda Apple Watch, è ben evidente che non sia un prodotto indipendente, visto che vive solo in presenza e simbiosi con un iPhone, dal quale trae e assorbe tecnologia e strumenti di calcolo e di analisi. Più facile pensare a questo orologio come ad un “secondo monitor” dello smartphone che non ad uno strumento dotato di vita propria. Al tempo stesso, c’è un lato interessante: forse più che un “secondo monitor”, il tanto chiacchierato Apple Watch è di fatto un telecomando che si colloca in un quadro molto preciso, che è affascinante (il quadro, non necessariamente il prodotto). Questo quadro trova nell’evoluzione della dimensione degli schermi degli smartphone (da piccoli ad enormi, quasi quanto un tablet) un passaggio fondamentale.
Chi scrive si occupa (tra le altre cose, ma principalmente) di interfacce digitali; sostanzialmente del come disegnare comandi, funzionalità e contenuti sugli schermi. La rivoluzione dell’interfaccia di iOS7 (che ha abbandonato il look definito skeuomorphic, quello che richiama gli elementi “fisici” come il legno, la pelle, la carta…) aveva già all’epoca una visione di quello che sarebbero stati gli schermi futuri, e ora abbiamo lo stesso “look” su ogni tipo di dispositivo: smartphone, tablet, desktop e Watch. Sarebbe stato impossibile fare un’interfaccia per uno schermo piccolo come un orologio senza agire di minimalismo delle forme.
Quello che abbiamo di fronte è qualcosa di estremamente interessante, come evoluzione: l’orologio, così come lo conosciamo da sempre, non è più uno strumento che mettiamo e metteremo al polso, ma un telecomando per evitare di togliere dalla tasca, o dalla borsa, il nostro smartphone che nel frattempo è diventato grande e ingombrante. Ci permetterà di monitorare tutto il mondo digitale attorno a noi, e di comandare tutti gli strumenti che nel frattempo si propagheranno in tutto l’ambiente attorno a noi. E ci permetteranno di avere a portata di polso tutto il mondo della domotica. I valori più belli sono quelli che resistono al tempo, ancor di più se li avevamo persi per strada…
Autore: Luca Pianigiani